venerdì 28 dicembre 2012

Pan, altri racconti.


Davanti a certe espressioni di arte contemporanea ammutolita resto. 
Mi viene  lo sconcerto di non riuscire a capire se trattasi di cacate (ma piglia per il culo? E che è, arte, questa??)  o   personale durezza di comprendonio e di animo, sono troppo  limitata per afferrarla,  per sentirla, per emozionarmi.  
[Gli artisti contemporanei sono troppo avanti,  hanno il cerebro e l’immaginatio ipertrofici e io non ci posso arrivare.]

Al PAN, Palazzo delle arti di Napoli, lo storico  Palazzo Roccella adibito dal 2005 a sede di esposizioni di arte contemporanea, ci sono  tre mostre. 
“… e poi c’è Nina” – dice il ragazzo al banco shop.
Naturalmente sorrido - c’è Nina – e chi ‘a sape, penso. 
Pensavo fosse una tizia, Nina, invece NINa, Nuova Immagine NApoletana,  è una collettiva di artisti dell'Accademia di belle arti. 
Moltissime opere, diseguali, eterogenee per temi  (e meno male che ci hanno messo almeno le targhette coi  titoli, accanto alle opere d'arte!), per tecniche, per materiali, per tutto:  iperboli di segni, di linee,  di macchie,  di guazzabugli, di coacervi, di cose ammuntunate.
Alcune di bell’impatto estetico ed emotivo, altre incuriosenti e stimolanti, altre invece, come dire,  diversamente impressionanti.
Ad esempio, cosa pensare dell’opera d’arte  “Fragmenti vitae” che consta di un volume, un libro, che raccoglie migliaia di sms riportati da un cellulare personale?
 Eh, cazz, naturalistico assai.

foto Spalluzza su Flickr
[sicuramente sono limitata io]




Per non dire dello  sconcerto provato davanti alla pila di zerbini,  un metro e mezzo circa di zerbini impilati, cavolacci, mai avevo pensato alla fenomenologia del tappetino, all’intrinseco senso di instabilità dello zerbino, fuori della casa ma appartenente ad essa, limite, luogo di rarefazione dell’intimità domestica e ponte verso le molteplici strade del fuori.  
(ahemm.)


E quali riflessioni profonde fare  di fronte all’installazione  composta da una sorta di paravento nero chiuso su tre lati, un cunicolo, sul cui lato corto viene proiettato ininterrottamente un  filmato in cui  la ripresa fissa  un vicolo in prospettiva,  l’audio voci in lontananza, e poi da alcune finestre e balconi e terrazzi vengono buttati giù armadi, cristalliere, assi di legno, sedie,  uno sfracellamento di mobilia, unito a un rumore di sconquasso terribile,  fino a rendere la strada un campo di macerie?
[cosa mai avranno pensato gli abitanti del luogo eletto a scenografia quando hanno dovuto barricarsi in casa per dar modo d’essere all’happening artistico? E marò, che fatica ripulire la strada dopo]

Tra le tre mostre in programma, quella fotografica di Mauro Fermariello, Acqua Fuoco,  che ha pure un nobile obiettivo, mi è piaciuta senza se e senza ma. 
Acqua e fuoco sono gli elementi che forniscono l’ interpretazione della città,  acqua e fuoco sono  i due estremi che rivelano la doppia natura, la doppia anima di Partenope. 
L’esposizione offre una serie di coppie di immagini, una dai  toni  e colori freddi  e  l’altra dai toni e colori caldi,  che si richiamano per un particolare, per la simmetria, per accostamenti talora inconsueti e di grande efficacia. 

Come questa, che mi  ha colpito particolarmente (e non lo so perché, non lo so)



Qui è il link della pagina del blog di Fermariello in cui parla del  progetto e della mostra Acqua Fuoco, 

E comunque. Ne val sempre la pena. (soprattutto quando, come in questo caso,  le mostre sono gratuite)

mercoledì 19 dicembre 2012

Sigarette chi fuma

"Oggi scopro subito qualcosa che più non ricordavo. Le prime sigarette ch’io fumai non esistono più in commercio. Intorno al ’70 se ne avevano in Austria di quelle che venivano vendute in scatoline di cartone munite del marchio dell’aquila bicipite. Ecco: attorno a una di quelle scatole s’aggruppano subito varie persone con qualche loro tratto, sufficente per suggerirmene il nome, non bastevole però a commovermi per l’impensato incontro."

La coscienza di Zeno - Italo Svevo.

La prima sigaretta mi si strozzò in gola, nel cesso della scuola. (non mi ricordo però le persone attorno, nessuna, solo la nube tossica e puzzona e la tosse, ma come cavolo è successo che non mi siano bastati il bruciamento e le lacrime, da quel momento mai senza,  e continuo da anni e  anni a macinarne, così tante che potrebbero  riempire una stiva di un cargo.
Zeno est moi.)

Era più facile, prima.
Adesso il tabaccaio serio non te le vende, se sei visibilmente minorenne, le sigarette.
(resta lo scrocco, ma con quello che costano si pigliano frequenti pali)
Prima ogni 100 metri ci stava il bancariello, c'erano più contrabbandieri che panettieri, e le vendevano anche sfuse, a beneficio di studenti e stracciafacenti.
Erano 'mericane, due marche soprattutto (no, i nomi no) incomparabilmente più sapurite delle sigarette del monopolio, tale che anche a parità di prezzo, ma solo nei momenti critici (notturno, natale e capodanno, che altrimenti almeno un terzo in meno) quelle di contrabbando erano di gran lunga preferite.
Non mi ricordo esattamente quando c'è stata la stretta, quando dei contrabbandieri e del contrabbando di bionde fu fatta piazza pulita.
Di sicuro  ci fu un periodo di interregno, niente americane, i resistenti seguivano altre rotte, le sigarette avevano i bollini in cirillico e facevano proprio schifo, canapone stopposo e cartina che si appicciava malamente, tant'è che da cliente sempre complice del reato cominciai a desistere dall'acquisto fino a non accorgermi quasi della scomparsa totale.
Comunque.
Da anni non ne vedevo in giro (tranne alla Duchesca, ma quello è - era? - un mondo a parte, un porto franco)

Da qualche settimana sono rispuntati i bancarielli. 
Prima sporadici e provvisori, due mazze all'erta con i pacchetti vuoti infilzati sopra, venditore nascosto.
Ora come funghi prolificano.
Al commesso pianta stabile con giubbotto catarifrangente arancione alla rotatoria di uno stradone di periferia, chiedo, ma non compro. 
(euro 2,5 al pacchetto, marche sconosciute)
"Ci sta 'a crisi, signò."




martedì 11 dicembre 2012

Càpita, ma anche no (si spera).

"A quest'ora arrivi? Sei quasi in anticipo."
"Sarei anche arrivata prima, se non mi fossi accorta solo nel garage che ho  messo una scarpa diversa dall'altra."
Lo sguardo si sposta dalla faccia ai piedi.
"Vabbuò, e poi sono tornata a casa a cambiarmela, la scarpa."

Naturalmente mentre una tempesta d'acqua falcidiava il viale, l'ombrello si ribaltava per il vento, e l'ascensore era bloccato.
I piani a piedi arlecchini inzuppati, l'ansia da ritardo sulla schiena e l'affanno nella gola.

[Penso che dovrei cominciare seriamente a preoccuparmi]

giovedì 6 dicembre 2012

Storia di A.


A.  è una mia collega.
Non è una  vecchia zitella acida, senza interessi al di fuori di.
(ha un marito ed è mamma chioccia)
Eppure il giorno libero lo  passa  a scuola,  metti che ci sia bisogno di una mano.
I ragazzini con disabilità più gravi li segue lei.
Fa progetti di teatro e non si risparmia: si industria come sarta per cucire i costumi,  lavorando a casa;  dipinge le scenografia nel garage di una parente assoldando figli e nipoti.
[Progetti pagati  forfettariamente 20 ore, e solo quelle pomeridiane trascorse con i ragazzi sono almeno il triplo]
Si prodiga così tanto che le si perdonano  quel “ma stamm facenn  la fila per il gabinetto?” in coda per visitare la tomba di Dante a Ravenna  -  in un viaggio scolastico di quelli fatti come sempre amor dei et pueris, 4 giorni  e  3 notti di responsabilità non stop senza neanche un gettone di presenza e senza neanche poter recuperare il giorno libero perduto -  e la dialettofonia.
.
Stamattina  è arrivata presto come al solito: il volto e le mani completamente  bruciati.
Niente più sopracciglia, ciglia, peli del naso.
Dalle ustioni sulle guance e sul naso,  siero e sangue colanti; le mani piene di vesciche.
(ieri sera la cucina ha fatto una vampata di fuoco)
Le è stato impedito  di entrare in classe, è stata costretta ad essere accompagnata in ospedale.
Oggi pomeriggio   era di nuovo a scuola.

Quella degli  insegnanti  è  una delle categorie professionali più a rischio di burnout.
(Il signor Ministro le dovrebbe sapere certe cose, prima di sparare cazzate sui professori  che non tengono genio di lavorare sei  o due ore in più, tanto che differenza fa)
Ci sono casi in cui si  trovano  manifestazioni di segno opposto alle sintomatologie da burnout:  eccessivo  attaccamento, presenzialismo,   vocazione missionaria.
Anna ne è un esempio.
(Caso psichiatrico anch’esso)

Stanotte farò dei brutti sogni, lo so.
(E immagino i  sogni dei ragazzini)