lunedì 29 agosto 2011

Monopoly

Non mi sono mai piaciuti i giochi di società, a partire dalla tombola  rottura natalizia familiare obbligatoria - cca sta 'a mano e cca  'o culo d'o panaro -  i fagioli secchi che si spostavano ad ogni alitata  sulle cartelle, fino alle interminabili sedute di Risiko a cui partecipavo  solo per  testare  il grado di resilienza  di  fidanzamenti e di amicizie di lunga data.

Un regalo di Natale, ricordo.
Forse per ammorbidire l'indole orsesca.
(Avrei di gran lunga preferito colori e pennelli, o il das.)
Il Monopoli che mi fu regalato aveva il tabellone rettangolare.
Non credo di averci giocato molte volte.
Ma qualche volta di sicuro.

La prima cosa che avrei voluto fare, osservando la nuova  versione del Monopoli,  sarebbe stata tirare una pippa  infinita  a proposito dello spirito capitalistico inculcato sin dalla più tenera età - ohhhh e come sono diseducativi questi giochi, meglio sarebbe stato un orsetto tenerone o un microscopio o un set di costruzioni in mattoncini di legno d'abete e blablablabla.
(Che ipocrisia. Tutti i bambini che hanno giocato ai soldatini sono diventati guerrafondai?)
La prima cosa che non avrei voluto ricordare, osservando la nuova versione del Monopoli,  è stata me bambina con le  banconote rosa e verdi e marroni  e le monete in mano che  immaginava di essere zio Paperone. 
Mettere su una casa o un albergo in Vicolo stretto o in Vicolo corto era da tapini,  al contrario   possedere proprietà in Parco della Vittoria significava essere miliardari -Vittoria!! Vittoria!!
(suggestione delle parole.)
Le altre caselle, avevano un sapore neutro, luoghi qualunque (mi piacevano le stazioni, le caselline con il trenino nero  a vapore).

Nel  Monopoly 2011 non ci sono più le banconote, e neanche le monete. C'è una specie di calcolatrice.
Essa è  un finto lettore di finte carte di credito. 6 carte di credito, per 6 max giocatori.
(chi immagineranno di essere, i bambini che giocano a diventare ricchi ricchissimi?)
E poi.
Niente più Largo Colombo, nè Via Verdi. Sul modello americano, ci sono le città.
Italiane.
Solo alcune, più  le enclavi.
Città del Vaticano è quella dalla rendita più alta. (e la Repubblica di San Marino segue a ruota).
La parte di Vicolo stretto e Vicolo corto la fanno Campobasso e Catanzaro.
E Bologna, Roma e Firenze, fanno 5 volte la figura di Potenza, Napoli e Palermo.
Neanche per gioco val la pena investire nelle città del Sud.


venerdì 12 agosto 2011

MAV e dintorni

Davanti all'ingresso, ai piedi dello scalone,  quattro ragazzini giocano a pallone.
Il custode, ritto in cima ,  si accorge dei probabili visitatori,  e fa  cenno ai maradona in erba di spostarsi.
"ma addò putimm pazzià?" chiede  invocando comprensione il più piccolino, dopo averlo raggiunto saltando a due a due i gradoni.
Il custode indica loro  il piccolo slargo laterale. 


Il MAV senza scolaresca al seguito - anzi senza seguire la scolaresca -  è tutt’altra cosa.
Tempo per guardare, tempo per ascoltare (ohhhh, dai vasi escono le voci che recitano Plauto!!)
Mi è sembrato, il museo,  pur nel passo lento e molle, molto più piccolo.
C'è un nuovo allestimento: la schola armaturarum, la casa dei gladiatori, crollata il 6 novembre 2010 a Pompei.
Strano,  un museo archeologico  interamente virtuale.
Lascia un retrogusto al sapore di Gardaland.
(ai ragazzini piace assaissimo)
Sento che nel museo ci vorrebbero anche le cose, i reperti. La  ricostruzione virtuale della schola armaturarum e anche un gladio, o un frammento di affresco - ammesso che si trovi tra le macerie)
Le cose che non ci sono nel museo si reificano nel negozio interno sotto forma di  "souvenir culturale" - statuine, cartoline, segnalibri, ma anche conserve dell'area vesuviana  e  pupazzetti postmoderni (???).
Peccato che il negozio sia aperto anche quando gli addetti alla cassa non ci sono, e la cassa non si può aprire, ma le cose  si vendono lo stesso, non sia mai il visitatore se ne vada scontento.


Gli scavi di Ercolano sono a pochi passi. Oltre il portone d'accesso, prima della biglietteria,  c'è un giardino pubblico, con fontane,  gradinate, piazzali, e il fresco viale alberato (pini, oleandri, piante fiorite) che costeggia  gli scavi  è come un ponte tra l'antico e il nuovo. Lo sguardo abbraccia le rovine della città romana e le rovine della città contemporanea,  rovina antica per rovina nuova, rudere antico per rudere nuovo.


E’ storia anche la costruzione disordinata e scomposta dagli anni ’50 in poi. Senza cornice, restebbe solo la città dei morti.
(ma almeno eliminare le erbacce che prolificano sui tetti antichi, e le lamiere e le parabole  su quelli nuovi, eh, non sarebbe una iattura)


lunedì 8 agosto 2011

Napoletanità


Duri a morire, i pregiudizi sul carattere nazionale dei popoli. E naturalmente, da campanile  a campanile,  anche quelli sul carattere degli abitanti di un luogo specifico  dentro la nazione.
I genovesi sono tirchi, i siciliani sono gelosi,  i piemontesi  “falsi e cortesi”,  e i napoletani.
Vabbuò. 
Qua si sciala. Si abbonda, chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente, non posso che aborrire  questa orribile tendenza al pregiudizio, che assurdità   fare di tutta un’erba un fascio, lasciarsi abbindolare da aggettivazioni che non hanno alcun presupposto e fondamento storico e scientifico.

“Gli stereotipi sono irritanti. Lo sono per chi li usa: nessuno vuole ammettere di ragionare per stereotipi e tanto meno vuole che glielo si dica. A maggior ragione per chi ne è oggetto, gli stereotipi sono irritanti: anche se il contenuto non è negativo, nessuno è contento di vedersi ridotto a una o due caratteristiche della propria identità e fissato per sempre ad esse”

Amalia Signorelli   "Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento"


Quando poi mi capitano sotto mano libri scritti da napoletani, che parlano della città in modo tale che altro che stereotipo -  levati, guagliò -  il livello di irritazione raggiunge dimensioni cosmiche.

"Sa qual è uno dei talenti più spiccati della storia dei napoletani, Presidente? 
"L'alleggerimento ironico dei guai?" "No. E' la lamentazione. Nell'arco di centinaia di anni Napoli ha elaborato una raffinatissima strategia della lamentazione. Per ellenizzare potrei dire che laggiù abita un popolo logolamentazionale. Secondo i napoletani, la colpa di tutte le catastrofi e di tutto il male, una volta è di San Gennaro, una volta del Vesuvio, una volta degli Angioini, una volta dei tedeschi, una volta del terremoto e una volta degli americani, una volta della Prima guerra mondiale e una volta della Seconda, una volta del Nord e la volta appresso del colera. Ecco, la colpa è sempre di una terza persona di un'altra cosa, I napoletani si credono innocenti. Innalzano il loro canto lamentevole contro il destino, si fanno la ninna nanna da soli e si addormentano."

Ruggero Cappuccio  "Fuoco su Napoli"  premio Napoli 2011

Però.
Posso dargli torto? 
E allora, scorrettezza per scorrettezza,  ho pensato a quale possa essere  lo stereotipo degli stereotipi, la madre di tutti gli stereotipi sulla napoletanità, lo stesso che genera le mappate di stereotipi sui napoletani e  di cui è impregnato il libro di Cappuccio.
L’esagerazione. 
La messa in scena dell’abnorme, abnorme strazio dei sentimenti (‘o zappatore nun sa scorda a mamma), abnorme gesticolazione, abnormi magnate, abnorme produzione di munnezza, tutto fuori misura. 
Le smargiassate del mettere acoppa.
(La quintessenza del barocchismo)
Tale e quale al libro di Cappuccio,  dove pure l’uso della metafora è abnorme, tanto da essere stucchevole,  effetto cachisso ‘nzuarato.

Ah, l’equilibrio, la misura, la sottile linea mediana che permette di camminare sopra un filo senza cadere.
(e pure questo suonno è un’esagerazione. Marò, non c’è scampo)

lunedì 1 agosto 2011

Diario di viaggio: una cosa divertente che non farò mai più.


Sognata, desiderata, bramata da tempo. Carusielli interi finalizzati a.
Si parte per la crociera ai fiordi norvegesi, fa nulla che il primo aereo è alle 6,00 del mattino e la sveglia si impone prima delle 4,00 (ma tanto, chi dorme, può essere che la sveglia non suoni) .

1° Kiel, Germania.
C'è un grande impianto industriale, al porto di Kiel. Thyssenkrupp (triste memento).
Le gru e i containers sulla banchina sono l'unica cosa che vedo dall'oblò della cabina, oltre alla moltitudine di gabbiani (quanti!), audaci, si lanciano quasi in picchiata verso le pareti della nave.
I ponti hanno nomi di scrittori, il ponte 13 è Foscolo e chissà perché il 6, più in basso, è Dante. (su una nave chiamata Orchestra i ponti avranno nomi di musicisti, certamente. E su una chiamata Magnifica?)
La nave è un florilegio di specchi e ottoni e moquette e decorations. Lusso alla russa e pompa magna.
Miliardi di specchi. Ci si riflette dovunque (anche negli ottoni lucidissimi, perennemente strigliati dagli addetti in divisa, quasi tutti indonesiani, dice il cartellino con nome e provenienza, manco si trattasse di prodotti ortofrutticoli), e la folla dei crocieristi si moltiplica enne volte.
Parto alla ricerca dei ghetti per fumatori.
Su due ponti, sul lato sinistro, al casinò (si deve pur stemperare il nervosismo), in una cigar room (quanti tipi di sigari in vendita), su due lati di due bar (ce ne sono 17, volendo sbronzarsi alla grande. Sborsando anche, alla grande)
Mi affeziono al ponte 13 (percorso più rapido per il ghetto dalla cabina, in breve domino la pianta della prigione)
Il senso di inadeguatezza lievita.
Un freddo da calzettoni di lana, da cappotto, da colbacco.
E pioggia.

Per arrivare al ristorante per la cena, si passa per il mercato: una fetta della nave si ammanta di bancarielli di merci assortite (le vetrine dei negozi non sono bastevolmente attraenti, forse)
Parfums, prodotti del mar Morto, murrine veneziane, orologi Tissot e altre amenità e ammennicoli. (strofina l'unghia, strofina e magia! Lucida lucida. 70 euro a confezione.)
La nave è una gabbia dorata per polli.


2° Copenaghen, Danimarca.
 7 del mattino. Ponte 13 per la prima sigaretta.
Ci sono le piscine e le vaschette idromassaggio.
Una madre con neonato. La capuzzella del creaturo nuda, al vento e al freddo. La madre lo piazza nel passeggino e si mette in ammollo.
E’ meglio non perdersi niente.
Tutte le altre coccole sono a pagamento.
A Copenaghen c’è pioggia, e freddo bbestia (è estate anche qui?).
E la Sirenetta val la pena ammirarla dalle cartoline, che dal vivo è veramente una microstrunzatella.
[Potere del mito]
Ma forse è tutta colpa del maltempo, ci si indispone alla meraviglia, ricoperti malamente dalle bustine di plastica a mò di grandi puffi veliero.

3° Navigazione.
 Alcune attività che si possono svolgere a bordo, oltre all’ingrasso da magnatoria perenne: danze e balli, bingo, tornei di carte e di ping pong, art and crafts.
Art and crafts mi suona invitante - art attack e Giovanni Muciaccia, penso.
Carta crespa e cannucce: si impara a fare i fiori di carta. La tedesca di fronte a me è stravolta dalle mie splendide produzioni floreali – ohhhh, very beautiful!!
Sono stravolta dalla tedesca: aspetto che ci diano il filo e la pasta per fare le collanine, poi la trasformazione in diversamente abili sarà completa.

Allo spuntare di un timido sole tra le nuvole, i ponti si trasformano in un carnaio di esseri umani variamente vestiti, dal nordico in rosea pelle nuda, al super equipaggiato con giaccone a vento e calzettoni in comode scarpe da trekking.
Da un pizzitiello privo di fiati e voci, guardo l’acqua. Migliaia di meduse, flotte di palloncini giallastri fluttuano.
(la corrente del Golfo?)

4° Olden, Norvegia.
 Il pleut. Piove, ma assai.
Il mare del fiordo è solcato da un fiume fangoso marroncino. Tronchetti, tronchi, pezzetti di legno. Ma anche barattoli, lattine, latte, bidoni, una mensola. Come detriti di un’alluvione.
Le coste sono ripide a strapiombo, e rigate da torrenti che ne affilano la verticalitá. Un nuvolone, nebbia, fumo grigio, ricopre i crinali delle montagne (ma quanto sono alte?).

Le case sparse, molto sparse, hanno il tetto spiovente ricoperto di erba.

Mi aspetto di veder spuntare un vichingo, ma nisba. Neanche un norvegese moderno indaffarato in quotidiane attività.

Nel negozio di souvenir acquisto 2 cappellini e una magliettina e una mantellina impermeabile puzzolente con su scritto Norvegia, un ditale, 3 cartoline, 3 francobolli. Un boh di corone che non ho. In euro: 100.
(In Norvegia la vita è molto cara)

La descrizione dell’escursione in bus di 4 ore recita: “viaggerete attraverso i meravigliosi villaggi di Blasket, Fjelli e Hopland – avendo la carta topografica ci si rende conto che la strada attraversa il territorio dei villaggi suddetti, dei quali il passaggio del bus trascina un labile accenno di edifici – a Nos farete una sosta per ammirare gli splendidi panorami sul fiordo e sulle montagne occidentali (…) la sosta panoramica successiva sarà a Kvalen – probabilmente il pulman ha rallentato in entrambi i casi – fermandovi per dei pasticcini e un caffè in un albergo – dove, in area estrema del villaggio, con panorama su un paio di prefabbricati rivendita di automobili e similari, lontano dalla sponda del fiordo, si procede alla mezzora di ingrasso – poiché i percorsi a piedi sono brevi – translate, dal bus all’albergo dei pasticcini ovvero torta con fragole e torta al cioccolato 20 metri -  il tour è adatto a chiunque.
La chiosa: Questa escursione non è consigliata ad ospiti con problemi motori (si potrebbero formare le piaghe da decubito sul sedile del bus)
Euro 68 a cranio.

5° Bergen, Norvegia.

Il quartiere anseatico è suggestivo, tante casette in legno vicine vicine e anche la pavimentazione tra i gruppi di case è fatta di assi di legno. Se non fossero colorate di azzurro e rosa e giallo, e se non avessero i tetti spioventissimi sembrerebbe di stare nel far west, tra i cercatori d’oro. (ehi, gringo)
Tutta Bergen è deliziosa e meriterebbe l'intero tempo dello sbarco.



Ma.
Si va in Norvegia e non si approfitta dell’occasione per ammirare i paesaggi naturali?
Escursione al fiordo di Hardang & cascate. (99 euro a capoccia)
6 ore e ½ di bus, con 2 soste cronometrate. La prima alle cascate di Steindalsfossen, dove è possibile camminare dietro l’acqua senza bagnarsi (20 minuti: o si arriva formichine in corsa rapida dietro alla cascata o si fa la pipì). La seconda, a Voss: 30 minuti per pasticcini in albergo (e dagli) e giro di una trentina di passi sulla sponda del laghetto.
Ho l’ansia da orologio.

6° Kristiansand, Norvegia.
Una bella giornata di sole (e cazz, finalmente).
Nella calura che i norvegesi definiscono extraordinaria, i bambini sguazzano nella fontana del parco.
E’ un luogo di villeggiatura, Kristiansand. Hanno anche creato delle calette di sabbia di metri 5X3 tra le banchine del porto turistico. Ma il mare. E’ giallo, fangoso, pieno di alghe? licheni? muschio? E di munnezza assortita, lattine e buste di plastica (tutto il mondo è paese). 

Sottotraccia 1: dell’importanza della guida. 
Thea è giovane e ha studiato a Bologna e tornerà a lavorare in ottobre a Roma. E’ spigliata e la Norvegia che racconta, il compleanno della nonna al Nord, la politica e i norvegesi, il buio e i norvegesi, il cibo e i norvegesi, la musica e i norvegesi, il villaggio e la città e il carattere dei norvegesi, l’ufficio del padre architetto – ora passiamo per l’ufficio dove lavora il mio papà, forse non vi interessa, ma forse lo posso vedere se è fuori – rende i paesaggi che scorrono ai finestrini del bus antropologizzati e vivi. L’escursione all’antica ferrovia di Setesdalen vale quasi l’intera crociera.




E la giornata luminosa restituisce i colori delle cartoline ai luoghi.
Laghi e fiumi come specchi, e cielo e nuvole e casette rosse e verdi diversi e creste di monti sono simmetricamente ribaltati nell’acqua.
Un incanto.

7° Gotemborg, Svezia.
I fatti di Oslo hanno indotto la compagnia a modificare repente il programma di viaggio, e dunque Oslo salta. (e un micropezzettino di Norvegia, ça va sans dire)
Va bene, si esageri pure con le misure di sicurezza.
Ma.
Attraccare nell’area mercantile del porto più imponente della Scandinavia non garantisce un bel vedere. Distese di cointaners impilati e traffico di veicoli dotati di gru, e sullo sfondo raffinerie e silos metallici. La città è a 10 chilometri.
La distanza dal centro è tale che la compagnia appronta un servizio di “suttle bus”, pulman navetta. 12 euro, per essere scarrozzati in centro. 
(che precisini, pensano davvero a tutto, quante  “care” premurosità)
Ma tant’è, Gotemborg è stata una sorpresa (ma non è in Norvegia???) l’escursione organizzata è stata prenotata, si fa a meno di scendere in autonomia dalla nave e ci si accontenta di quella: tour panoramico e centro scientifico universum (per visitare il quale ci vengono concessi, cronometrati al secondo primo, 75 minuti, e il museo da solo ne richiederebbe almeno 240).


Sottotraccia 2: dell’importanza della guida.
Bus bilingue, ovvero, tedeschi e italiani insieme. Guida svedese parlante tedesco e tizia della compagnia che traduce in italiano.
Trascrizione testuale e fedelissima di alcuni stralci, in ordine sparso, di descrizione della città:
a destra c'è la statua di un re molto amato dagli svedesi che ha governato 200 anni (azz, higlander esiste!!), qui a sinistra c'è una chiesa, ora passiamo su un ponte molto antico che è stato costruito nel 1966, attraversiamo un quartiere residenziale chic, tra poco c'è un museo, qui ci sono le raffinerie che lavorano l’olio, la statua di Poseidon è una statua greca scolpita da uno scultore locale, ecco lo stadio che contiene 600 mila persone.
Panoramica assolutamente esaustiva, niente da dire (ovvero: senza parole).

Seconda serata di gala. (ah,  capirne la differenza tra quelle casual e informali, tranne che nel proforma di doversi acchittare come star hollywoodiane, il tacco 12!)
Secondo buffet di mezzanotte. Bypassato come il primo, tanto di cappello alle squadre di cuochi scultori (animali realizzati con la frutta intagliata, volti di donna composti arcimboldescamente con ranfe di purpo per capello, davvero magnifici), ma.
Fare la fila per magnare dopo aver smesso di magnare un’ora prima, davvero non vale l’impresa.

8° Kiel, Germania.
 Il rientro.
 Rilascio della cabina alle 8 del mattino (previo deposito dei bagagli entro l’una della notte precedente fuori alla porta della suddetta), attesa dell’autorizzazione allo sbarco fino alle 10 , intruppamento in bus per trasferimento in aeroporto, attesa di ore 3 per imbarco volo da Amburgo a Monaco, attesa di ore 3 a Monaco per altro imbarco.
Totale ore tra attesa e viaggi fino at home: 14. 

Conclusione: la vacanza in crociera va bene se, anche qui in ordine sparso:
a) Si intende magnare senza sosta digestiva anche, volendo, nelle ore destinate al riposo notturno.
b) Si gradisce sommamente la vita da villaggio vacanze, tutti insieme appassionatamente.
c) Si apprezza il corteggiamento ossequioso di faticatori in divisa.
d) Si è appagati dalla vista fugace ed epidermica di luoghi esotici e non, tanto da poter dire: ahhhh, ho visitato questo quello e mariombrello, anche se questo quello e mariombrello sono stati trattenuti dalla retina per 0,1 secondo primo.
e) Si ha un grosso ricco ed elastico portafoglio.
f) Varie ed eventuali che identicamente ai punti a, b, c, d, e, non rientrano nel mio va bene. 
Ergo.
Tornerò, tempi lenti e dilatati (chissà quando, chissà quando), nei fiordi norvegesi. Meritano. 
Ma la crociera mai più, in nessun dove.